Non tutti sanno che buona parte della famiglia del padre di Edgar Degas viveva a Napoli.
La storia comincia quando il nonno paterno di Degas, René Hilaire, nato a Orléans e quinto dei sette figli di Anna Hüe e di Pierre Degast, maître boulanger, a ventitre anni venne mandato a Parigi a fare affari sul mercato del grano per conto della famiglia.
Erano i primi tempi della rivoluzione francese, la farina scarseggiava e l’inverno era alle porte. Cominciava il periodo del Grande Terrore e la Legge dei sospetti, varata il 17 settembre 1793, disponeva l’arresto immediato di chiunque venisse giudicato nemico della rivoluzione. Avvertito di essere stato segnalato con l’accusa di aggiotaggio, il giovane René Hilaire, per evitare di essere portato davanti al Tribunale Rivoluzionario, decise di fuggire a briglia sciolta dalla Francia con tutto il denaro che aveva in tasca.
Dopo un breve peregrinare sbarcò a Napoli dove per sua fortuna il francese era la lingua praticata da tutta la buona società.
Ritoccando un po’ il suo nome, da Degast in De Gas, e servendosi di quella particella dal sapore vagamente nobiliare, René Hilaire si fece passare senza problemi per un gentiluomo orleanese sfuggito alla ghigliottina per aver espresso ad alta voce il suo sdegno per le brutali volgarità indirizzate dal popolo inferocito alla regina Maria Antonietta mentre veniva condotta al patibolo.
Questo racconto, arricchito nel tempo da altri particolari romantici e un po’ fantasiosi, fra cui una fidanzata decapitata per aver fatto parte delle cosiddette Vergini di Verdun, era stato ufficialmente tramandato in famiglia tanto che anche suo nipote Edgar lo avrebbe riferito molti anni dopo a Paul Valery con i medesimi dettagli.
Ricerche più recenti e accurate, condotte da Édouard Goulon Sigwalt (vedi Henri Loyrette, Degas, Fayard, 1991, pg 10-11) , lo hanno smentito del tutto e, a parte qualche nostalgico neoborbonico che ancora oggi insiste nel voler attribuire origini aristocratiche ai Degas, sappiamo per certo che gli antenati del nostro famoso pittore praticavano da varie generazioni la più che degna arte della panificazione.
Il nonno di Degas, che doveva essere un personaggio piuttosto intraprendente, trova in breve lavoro a Napoli presso un banchiere svizzero, Giovan Battista Bourguignon, e, attraverso di lui, entra in rapporto con un avvocato di origini genovesi, Lorenzo Freppa, che aveva società d’affari sia a Napoli che a Livorno.
Don Lorenzo gli dà lavoro e lo accoglie nella sua casa dove, rimasto vedovo prematuramente, vive con i sette figli di cui ben cinque sono fanciulle in età da marito.
René Hilaire, che a quel tempo è già sui trent’anni, mette gli occhi sulla secondogenita quindicenne, Caterina, e ne fa un affascinante ritratto a suo fratello Augustine, che vive in Francia e con cui mantiene regolari contatti epistolari. Qualcosa però gli fa mutare parere perché alla fine si propone alla primogenita, la dolce e timida Giovanna Teresa Aurora, nata a Livorno nel 1783, che di anni ne ha venti.
Aurora Freppa da giovane in un quadro di Joseph-Boniface Franque, allievo di David. Il dipinto si trova attualmente nella retrostanza della Regina del Palazzo Reale di Napoli (sala XXV).
Si sposano il 2 settembre del 1804 e vanno a vivere a vico lungo del Gelso, dando inizio ad una più che nutrita discendenza.
Fra un terremoto e un’eruzione del Vesuvio, che periodicamente li porterà a lasciare per qualche mese Napoli e a rifugiarsi a Livorno, negli anni tra il 1805 e il 1822 Aurora darà alla luce dieci figli di cui sette riusciranno a superare l’infanzia. Il primo dei figli maschi è Auguste, futuro padre del pittore.
Da allora in poi René Hilaire comincerà a costituire un po’ alla volta la sua fortuna approfittando a piene mani, insieme a suo cognato Carlo Jean, della vendita dei beni ecclesiastici confiscati nel decennio murattiano e degli altri beni del Demanio messi all’incanto per sanare il Debito Pubblico. Ciò gli consentirà, fra l’altro, di acquistare il Palazzo Pignatelli di Monteleone, a Calata Trinità Maggiore 53, dove si insedia con la famiglia alla fine del 1825, e la bella villa Palladiana di San Rocco di Capodimonte, dove da allora in poi sarebbe andato a passare i mesi più caldi della stagione estiva.
René Hilaire De Gas e Aurora Freppa
Il cognome Degas, che nei documenti ufficiali viene usato dalla famiglia alternativamente al più frequente De Gas, sembra sia stato scelto dal giovane pittore durante l’ultimo periodo del suo viaggio in Italia. In uno dei suoi taccuini, i famosi Cahiers oggetto di studi estremamente approfonditi dallo storico dell’arte Theodore Reff (vedi The Notebooks of Edgar Degas: A Catalogue of the Thirty-Eight Notebooks in the Bibliothèque Nationale and Other Collections. 2 vols. Oxford: Clarendon Press, 1976), e di cui avrò modo di parlare più appronditamente in seguito, c’è una pagina su cui il giovane pittore fa varie prove della sua firma ed è probabilmente allora che decide quale sarà la grafia definitiva del nome da apporre alle sue opere.
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